Quando i passi ti portano a Lapedona.

Abbiamo camminato in gruppo su uno dei bellissimi crinali del fondovalle piceno. Nel freddo di una mattina di dicembre abbiamo scoperto che a Lapedona ci sono tre ottimi modi per scaldarsi: camminare, bere il vino cotto e godere di una bellissima ospitalità.

In cammino sul crinale da Torre di Palme a Lapedona.

Ci siamo appena lasciati alle spalle Torre di Palme, bell’incasato marchigiano del circuito I Borghi più Belli d’Italia. La signora Angela è stata gentilissima a farci trovare aperte tutte le chiese di questo borgo affacciato sulla costa adriatica. Prendiamo la provinciale che sale sul crinale e ancora abbiamo negli occhi gli affreschi di scuola giottesca di S. Maria a Mare e la superba pala di Vittore Crivelli conservato nella gotica S. Agostino. Cielo grigio in un dicembre che sembra più un marzo con le sue bizze. Sull’asfalto lasciamo tracce di fango che cade dagli scarponi: il sentiero era pesante nel bosco del Cugnolo, il ricco lembo di macchia mediterranea che abbiamo attraversato uscendo da Torre di Palme. Sole che appare e se ne va. Vento forte soffia da nord mentre camminiamo sulla provinciale che attraversa tutto il crinale fino a Lapedona. La città di Fermo con il suo Duomo bianco in lontananza, le colline verdi di foraggio, punteggiate di ulivi appena potati e segnate dalle righe delle vigne scure come tratti di matita. Dalla porta di una casa che dà sulla strada si affaccia una signora in pantofole che ci dice buona passeggiata, e pian piano Lapedona si avvicina con il suo grazioso skyline di borgo medievale ben conservato, le case in mattoni e il campanile che ogni tanto fa suonare le sue campane. Alle porte del paese ci sta aspettando Luca, assessore comunale alla Cultura. Ci siamo dati appuntamento a San Quirico, bella pieve romanica del X secolo che già si vede tra le roverelle sul piccolo spiazzo del colle con la sua abside alta e stretta.

Abside Chiesa di S. Quirico.

Arriviamo che siamo infreddoliti e come dei veri pellegrini d’altri tempi troviamo rifugio nella pieve dove Luca ci sta aspettando con il parroco Don Devis. Il tempo di scaldarci e iniziamo ad ascoltarli: ci parlano della storia della chiesa e del santo bambino a cui è dedicata, e ora sono gli occhi a camminare sui dettagli di questo gioiello dagli affreschi ai capitelli di un romanico primigenio della navata, fino all’ambiente della cripta anche questo come il resto della chiesa egregiamente recuperato e ben conservato.

Fuori piove e fa freddo. Ma qui a Lapedona sanno come scaldare l’ospite viaggiatore. Luca ci ha appena presentati Stefano e Giuseppe, gagliardi signori rispettivamente presidente e vice della Pro Loco, siamo nella loro sede e con tanta passione ci stanno raccontando di come si fa il Vino Cotto. Sui cellulari ci fanno vedere gli scatti di quando preparano i calderoni in occasione della sagra di paese. Ogni anno a Settembre costruiscono nella piazza i muretti di blocchi di tufo che conterranno i calderoni di rame dove verrà fatto bollire il mosto. I blocchi vanno stuccati con acqua e terra, proprio come si faceva una volta in tutte le campagne dei dintorni, con il calore lo stucco verrà cotto e non ci sarà dispersione di fumo e calore – volete vedere la cantina? Sta proprio qui accanto – impossibile rifiutare: due passi di numero e siamo nello stanzone di quella che era la macelleria del paese, le grandi botti fanno da cornice alle parole di Stefano e Giuseppe che continuano a raccontare con tanto trasporto: – queste sono botti che contenevano il Rosso Piceno durante l’affinatura in barrique. Dopo un po’ le aziende le devono rinnovare, così quando le scartano noi le prendiamo e ci mettiamo il vino cotto – Giuseppe ha una sua botte che tiene vino cotto da quarant’anni, la botte va rabboccata periodicamente perchè parte del vino viene “bevuta” dal legno della botte. Chiedo se qui a Lapedona come succede in altre parti rabboccano usando il Marsala ma Stefano ci tiene subito a precisare che – qui a Lapedona il vino cotto lo rabbocchiamo solo con altro vino cotto – e allora non ci resta che assaggiarlo nella degustazione che hanno preparato per noi di là in sede, con i cantuccini inzuppati dentro come da tradizione.

Stefano Testa e Giuseppe Pieragostini posano davanti le botti di Vino Cotto.

Il vino dal caratteristico colore del rame fa il suo dovere, ci siamo scaldati e rinfrancati e siamo pronti a continuare la nostra visita guidati da Luca, ed è una specie di crescendo: prima entriamo nella barocca SS. Nicolò e Martino per ammirare il soffitto ligneo dipinto (il più grande delle Marche) recentemente restaurato poi ci trasferiamo nella Sala Consiliare dove è conservata la una splendida pala del De Magistris. Luca ci dice che prima era sull’altare maggiore di S. Nicolò ma per ragioni di sicurezza è stata portata qui nel palazzo comunale. Dalle finestre della sala si gode di un panorama unico con le colline che dolcemente degradano verso l’Adriatico e staremmo qui a guardare in silenzio il capolavoro del pittore nato a Caldarola per molto tempo ancora ma dobbiamo spostarci per l’ultima tappa della nostra visita.

Luca Pieragostini ci parla della Pala di Simone de Magistris.

Un breve tratto in auto lungo il crinale che scende in direzione dell’Adriatico e siamo alla Chiesa della Madonna Manù. Ad aspettarci c’è Antonio Mercuri, custode della chiesa e lapedonese doc che ci saluta con un gran sorriso – siete fortunati, guardate che bella luce illumina la chiesa – ed è vero, siamo a ridosso del tramonto ormai, la luce sta saturando in un bell’arancio – guardate le formelle, si vedono molto bene i caratteri in ebraico – ci fa notare Antonio – quella scritta significa “manna” da cui Manù che dà il nome a questa chiesetta piccola ma tanto tanto bella – si vede che Antonio è affezionato a questo luoogo, ci invita ad entrare anche perchè il vento freddo ha ripreso a soffiare, e dentro ci racconta di come tutta la chiesa è stata costruita con materiali di recupero comprese le formelle con i loro enigmatici simboli all’esterno che forse provengono da una sinagoga di Fermo.

il Sig. Antonio Mercuri viene ad aprirci la Chiesa della Madonna Manù
Antonio e le formelle illuminate dalla luce del tramonto.

Fuori della chiesa, vicino all’abside c’è questo mandorlo scuro con i vecchi frutti ancora attaccati. Con Luca e Antonio ci diamo appuntamento per un’altra camminata, magari la prossima primavera quando il mandorlo sarà in fiore e non ci sarà il vento freddo a dare noia. Ma oggi il freddo non è stato un problema. Ci siamo scaldati camminando e sorseggiando un bicchiere di buon vino certo, ma è stato il piacere degli incontri che abbiamo fatto qui a Lapedona, paese di gente ospitale, a farci davvero dimenticare quel vento freddo che soffiava da settentrione.